Charles Manson e la sua “famiglia”

Charles Manson è entrato nella storia criminale degli Stati Uniti non tanto come “serial killer” nel senso stretto del termine, bensì come il carismatico e manipolatore leader di una setta, la cosiddetta “Manson Family”, che perpetrò una serie di omicidi efferati nell’estate del 1969. Ancora oggi, il suo nome evoca l’immagine di un personaggio quasi mitologico, capace di soggiogare la volontà dei propri seguaci e di spingerli a compiere azioni che hanno segnato per sempre la cronaca nera americana. Nacque a Cincinnati, Ohio, nel 1934, da una madre sedicenne e un padre assente. Trascorse gran parte della sua giovinezza tra riformatori, istituti di correzione e brevi periodi di libertà in cui si dedicava a piccoli reati (furti, rapine, frodi) per sopravvivere. In carcere, Manson imparò a suonare la chitarra e nutrì il desiderio di diventare un cantautore, un sogno che avrebbe cercato di realizzare una volta uscito.

Negli anni ’60, l’America era attraversata da fermenti sociali e culturali: il movimento hippie, la ricerca di una liberazione dai valori tradizionali, la diffusione di droghe psichedeliche. Manson, uscito di prigione nel 1967, trovò a San Francisco un terreno ideale per esercitare la sua influenza su giovani disadattati o in cerca di un guru spirituale. La carica seduttiva dovuta al suo carisma e all’immagine di musicista “profetico”, attirò facilmente un gruppo di seguaci, in maggioranza donne, che vedevano in lui una sorta di messia capace di condurli a una nuova forma di libertà. Il gruppo si stabilì prima nella zona di Haight-Ashbury, cuore della controcultura hippie, per poi spostarsi in vari ranch isolati in California. La distanza dalla società e l’uso massiccio di LSD favorirono l’isolamento psicologico dei membri.

Manson era convinto che il brano “Helter Skelter” dei Beatles contenesse messaggi in codice che presagivano un’imminente guerra razziale. Lui e i suoi seguaci dovevano prepararsi a quel conflitto, assumendo il ruolo di salvatori e futuri padroni di un mondo purificato dal caos. Il brano fu composto da Paul McCartney e pubblicato nel 1968. Il titolo fa riferimento a un tipico scivolo da luna park (in Inghilterra, “helter-skelter” è anche un termine colloquiale che evoca confusione o frenesia). Musicalmente, era concepito da McCartney come un brano più duro e rumoroso del solito standard Beatles, un tentativo di spingere il rock verso sonorità sporche e graffianti. L’energia caotica della canzone, il ritmo incalzante e le urla che la caratterizzano contribuirono a farne uno dei primissimi esempi di “proto-hard rock”. Il testo di “Helter Skelter” gioca sull’idea di salire e scendere da uno scivolo (“When I get to the bottom I go back to the top of the slide…”), richiamando una frenesia senza tregua. “Look out! Helter Skelter… She’s coming down fast, yes she is.” “Attento! È tutto un casino… Lei sta scendendo veloce, sì, davvero.” In senso letterale, il brano descrive un movimento di andata e ritorno, come su uno scivolo o una giostra, enfatizzando la velocità, il caos e il senso di “discesa rapida”. L’interpretazione di McCartney era piuttosto semplice e dichiaratamente legata al divertimento e alla confusione tipica di un luna park. Charles Manson, invece, nel suo personalissimo e delirante sistema di credenze, ravvisò nel brano dei Beatles una sorta di “profezia apocalittica”. Sosteneva che “Helter Skelter” annunciasse una prossima guerra razziale che avrebbe sconvolto gli Stati Uniti e, di riflesso, l’intero ordine mondiale. Egli interpretava alcune parti del testo come allusioni a un conflitto imminente tra bianchi e neri, un “caos totale” (appunto “Helter Skelter”). La “Manson Family” avrebbe dovuto nascondersi in un luogo segreto (un rifugio sotterraneo) finché la guerra razziale fosse terminata, per poi riemergere e prendere il controllo di un nuovo mondo devastato.

L’ossessione di Manson per “Helter Skelter” andò ben oltre la mera fascinazione musicale. Secondo l’accusa e le testimonianze emerse durante il processo, Manson spingeva i membri della Family a credere che i delitti fossero una sorta di innesco per scatenare questa presunta guerra. Alcuni graffiti o scritte col sangue nelle scene del crimine (come “Healter Skelter” o “Pig”) erano riferimenti diretti alle visioni di Manson e al brano dei Beatles, nonché tentativi di incolpare falsamente i neri per gli omicidi, innescando così lo scontro razziale.

l momento più drammatico e tristemente celebre della storia della “Manson Family” fu l’estate del 1969, quando vennero messi in atto crimini che sconvolsero l’opinione pubblica.

  • Omicidio di Sharon Tate e dei suoi ospiti (8 agosto 1969): la notte tra l’8 e il 9 agosto, alcuni membri della “Family” (tra cui Charles “Tex” Watson, Susan Atkins e Patricia Krenwinkel) fecero irruzione nella villa di Cielo Drive a Beverly Hills, uccidendo l’attrice Sharon Tate, incinta di otto mesi, e altre quattro persone presenti in casa. E’ rimasta tristemente celebre la frase di Tex Watson, gridata durante il massacro: “Sono il diavolo, e sono qui per fare il lavoro del diavolo.”
  • Omicidio della coppia Leno e Rosemary LaBianca (9 agosto 1969): la sera successiva, Manson accompagnò personalmente altri seguaci in un’altra abitazione di Los Angeles, dove i coniugi LaBianca furono brutalmente assassinati.

Sebbene Manson non avesse partecipato materialmente al primo massacro (e avesse lasciato la scena del secondo prima che iniziasse il sangue), i tribunali riconobbero in lui il mandante e l’istigatore di questi delitti. L’arresto di Manson e dei principali membri della “Family” avvenne nell’ottobre del 1969, inizialmente per reati connessi al furto d’auto. Tuttavia, ben presto emerse il loro coinvolgimento negli omicidi Tate-LaBianca. Il processo mediatico: svoltosi tra il 1970 e il 1971, fu uno dei primi casi a ottenere un’ampia copertura televisiva e giornalistica, diventando una sorta di spettacolo giudiziario. Manson si presentava in aula con un atteggiamento provocatorio, spesso sorridendo o facendo gesti strani: Una volta incise sulla propria fronte una piccola “X”, presto imitata dai suoi seguaci. (In seguito la “X” fu trasformata in una svastica.) Pronunciò frasi deliranti sul suo ruolo di guida spirituale e sul fallimento della società americana. Manson fu condannato inizialmente a morte, ma la pena fu commutata in ergastolo dopo l’abolizione temporanea della pena capitale in California nel 1972. Anche gli altri membri coinvolti ricevettero condanne severe, in molti casi ergastoli. Nonostante il carcere a vita, Charles Manson continuò a essere un personaggio mediatico di grande interesse. Rilasciò diverse interviste in cui appariva come un folle intrattenitore, alimentando la sua stessa leggenda nera. Molti libri, documentari, film, serie TV hanno ripreso la vicenda, trasformando Manson in un simbolo del male e della manipolazione settaria. Il caso Manson rimane uno dei modelli più studiati per comprendere le dinamiche di gruppo estreme, la devianza e il controllo psicologico. Charles Manson morì in carcere nel 2017, senza mai mostrare rimorso né distanziarsi dalle sue convinzioni deliranti. Il suo lascito è un avvertimento su come un individuo, dotato di notevole capacità manipolativa e affiancato da persone emotivamente fragili, possa generare un vortice di violenza distruttiva che scuote l’intera società.

Rimane celebre la sua frase: “Guardami dall’alto e vedrai in me un pazzo. Guardami dal basso e vedrai in me un dio. Guardami dritto negli occhi e vedrai te stesso.

 

 

 

 

Author: Antonio Fusco

Laureato in Giurisprudenza e in Scienze delle pubbliche amministrazioni, ha conseguito il Master di secondo livello in Criminologia Forense ed è iscritto alla Società Italiana di Criminologia. Quale Dirigente della Polizia di Stato, attualmente in quiescenza, si è occupato di indagini di polizia giudiziaria, investigazioni e contrasto alla criminalità. Scrive romanzi crime per Giunti (serie delle indagini del commissario Casabona) e per Rizzoli (serie delle indagini dell'ispettore Massimo Valeri - l'Indiano). Alcuni dei suoi libri sono stati tradotti in Germania, Grecia e Turchia.

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