Il caso Roveri

«Daniela erano dieci giorni che non veniva, forse anche di più». Le addette agli ingressi della palestra di Colognola, in provincia di Bergamo, frequentata dalla signora Roveri sono sicure. Daniela mancava da diversi giorni da quella sala fitness. Lo dicono anche i registri elettronici degli ingressi. Da quel 20 dicembre del 2016, come sempre si fa in questi casi, si è scandagliato nella vita, apparentemente senza sussulti di questa bella donna di 48 anni, tutta lavoro e casa. Ma non solo.
Viveva con la mamma Daniela, con cui apparentemente aveva un rapporto simbiotico, strettissimo, fatto di cene fuori Bergamo e di viaggi esotici. Aveva un ruolo importante in un’azienda del bergamasco, pochi hobby, pochissima vita mondana. E una mania: la cura del corpo. Questo lasciano trapelare gli unici che sembrano averla vista spesso negli ultimi mesi e cioè i dipendenti della palestra. Con annessa SPA e centro estetico, luogo questo molto più frequentato dalla vittima che lo preferiva di gran lunga alle lezioni di aerobica e ai pesi.
«Lampade, trattamenti relax e massaggi, fino ad un mese prima della morte era sempre qui» dicono, specie da quando aveva stretto una particolare amicizia con un massaggiatore del centro, un’amicizia che si era trasformata in una relazione. Clandestina, perché l’uomo è sposato.
I PM Davide Palmieri e Fabrizio Gaverini, che avevano escluso la pista passionale solo pochi giorni dopo, convinti com’erano che la soluzione ruotava attorno a questioni professionali, stanno facendo un passo indietro. O in avanti forse. Il furto della borsa e dei cellulari della donna lascia pensare che l’azione era premeditata, non come si è detto e come si è fatto rimbalzare anche per bieche questioni politiche locali, a scopo di rapina. Un colpo secco, fortissimo e deciso alla gola con un coltello mai ritrovato, un colpo che le ha lesionato finanche la vertebra posteriore. Un colpo dato da chi nutriva un rancore possente nei confronti di Daniela.
In mano agli inquirenti due elementi, uno di natura scientifica e uno investigativo forse più importante. Vediamo quali sono:
L’elemento biologico è dato da un capello, isolato sulla scena del crimine con abilità dalla Scientifica di Milano che potrebbe esser quello dell’assassino. Certo sembrerebbe una carta importante per la soluzione del caso ma è pur vero che l’omicidio è avvenuto in un androne di un palazzo, esposto tra l’altro a passaggi frequenti da parte degli abitanti degli stabili vicini, essendo difronte all’ingresso di un giardino comunale. C’erano stati dei forti attriti con i vicini di casa ultimamente per questioni condominiali, qualcuno lo aveva sussurrato senza indugio ai PM la notte stessa dell’omicidio. E qualche nome è stato fatto. Ma qualora anche dai riscontri già in fase di ultimazione con il DNA si scoprisse che quel capello è di uno dei vicini di casa, sarebbe difficile portarlo come capo d’accusa, perché la logica direbbe che chi vive lì e ci passa tutti i giorni le tracce le lascia sicuramente in maniera accidentale. Differente però sarebbe se quel capello fosse di persona conosciuta alla vittima ma non del luogo, come un collega per esempio, un fornitore o un familiare. E se fosse un frequentatore della palestra?
Già, si ritorna alla palestra per logica, soprattutto per il legame con l’elemento investigativo a cui si faceva cenno: Daniela quella sera aveva con se proprio la borsa della palestra, eppure erano più di dieci giorni che non andava. Come mai? Aveva deciso di andare ma poi qualcosa o qualcuno che è intervenuto o che l’aspettava proprio all’ingresso l’avevano fatta desistere? L’amante della donna, il massaggiatore, era a casa, certo non in compagnia della moglie perché qualche minuto prima che Daniela venga uccisa è al telefono proprio con lei. Cosa si sono detti? Qual era lo stato della loro relazione? L’ultima telefonata, dopo quella al suo amante Daniela la fa alla mamma. Le parla praticamente fin sotto casa. Chiude per dirle semplicemente: «sono arrivata ora salgo» e pochi secondi dopo muore. Con la borsa della palestra in mano. L’altra, quella con gli effetti personali e i telefoni le viene sottratta. Quella borsa sportiva serviva a nascondere alla mamma che viveva con lei i suoi movimenti? Anche se adulta ed indipendente, può Daniela aver “depistato” con una borsa da mostrare come giustificazione per le sue assenze alla mamma, inventando in questi ultimi giorni sue corse in palestra mentre invece era da tutt’altra parte? Con chi? C’entra qualcosa quella borsa con la sua morte?

Author: Mauro Valentini

Scrittore e giornalista romano. Scrive principalmente di cronaca nera e di cinema collaborando con diverse testate nazionali. È autore di romanzi Noir metropolitani e di libri inchiesta. Tra questi: "Non perder tempo a piangere" che racconta la vita di Nadia Toffa, “Mio figlio Marco – La verità sul caso Vannini” scritto con la mamma di Marco, Marina Conte, "Ciccio e Tore – Il mistero di Gravina" scritto insieme al Generale Luciano Garofano già Comandante dei RIS di Parma, sempre in collaborazione con il Generale Luciano Garofano, ha pubblicato nel 2024 il libro inchiesta: "Alda Albini – Anatomia di un mistero". E' ospite di numerosi programmi e trasmissioni di rilevanza nazionale come: Storie Italiane (Rai Uno), Chi l’ha visto (Rai Tre), Melog (Radio24) ed è opinionista, tra le altre, delle trasmissioni: La storia oscura, PRISMA e Crimini e Criminologia di TV Cusano Campus.

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