
Mancano poche ore e Giulia compirà 19 anni. Però, la sera del 31 agosto del 2015, quella che precede il suo compleanno, è inquieta, qualcosa sembra turbarla e non vuole andare al ristorante dove lavora l’estate, solo le insistenze in casa la convincono a rispettare l’impegno. Ha già il biglietto pronto per Londra, il regalo di compleanno lo ha già ricevuto, correrà tra pochi giorni dalla sorella che è nella “City” da diversi mesi. Al lavoro comunque ci va, seppur controvoglia e verso le 23:00 di quel 31 agosto 2015 ritorna a casa e come una furia si cambia e si trucca, gettando la maglia da lavoro a terra e lasciando i pochi cosmetici usati per ravvivare il suo bellissimo viso sul lavandino. Giulia ha fretta di uscire di nuovo e ha così fretta che lascia i documenti e il suo smartphone nella sua stanza.
Ma dove deve andare Giulia? La chiave del mistero che avvolgerà la ragazza di Tortoreto è tutta qui. Dove sta andando Giulia senza cellulare a quell’ora della notte?
Quel che resta di Giulia di Sabatino verrà ritrovato sulla corsia d’emergenza della A14 qualche ora dopo: un corpo talmente dilaniato dai mezzi pesanti che ne hanno fatto scempio che la mamma e il papà la riconosceranno soltanto dalle scarpe da ginnastica che indossava. Giulia è caduta dal cavalcavia che oltrepassa quel tratto d’autostrada e che fa da ponte tra Tortoreto e Tortoreto Lido, località marittima della provincia di Teramo, ed è stato travolto più volte nel buio che precede l’alba da chi passava di là. Le prime segnalazioni riguardo a “qualcosa” che era ai margini della carreggiata arrivano alla Polizia Stradale intorno alle 05:30, solo un’ora dopo si realizzerà che quei resti sono umani. Nel frattempo i genitori sono andati a denunciare la scomparsa della figlia, sparita quella notte che doveva esser preludio ad una giornata di festa per il suo compleanno.
Ma come è caduta da lassù la ragazza e perché? Il primo elemento i Carabinieri lo trovano subito: una videocamera di sorveglianza la riprende verso la mezzanotte mentre cammina a piedi nel buio della provinciale, con un passo così deciso e veloce da far dedurre che Giulia avesse quella sera un obiettivo preciso da raggiungere. Forse un appuntamento.
Ed è a questo punto che entrano in scena due personaggi: il primo è un 41enne che racconta di esser stato avvicinato dalla ragazza nei pressi di un bowling situato proprio su quella provinciale chiedendogli un passaggio con lo scooter fino al cavalcavia dove poi troverà la morte. Il racconto dell’uomo è però poco chiaro e non convince nessuno. Afferma che lui si sarebbe limitato a darle quel passaggio, chiedendole poi perché mai dovesse andare proprio lì, ricevendo una vaga risposta da Giulia riguardo ad un appuntamento con la mamma. Su quel cavalcavia deserto, buio e lontano almeno tre chilometri dal centro abitato? Comunque, che Giulia sia stata accompagnata su quel cavalcavia intorno alla mezzanotte è un fatto certo e confermato. Perché qui entra in scena il secondo personaggio misterioso, quello che per giorni e giorni rimane senza un nome ed un volto e che fu denominato dalla stampa: “l’uomo della Panda rossa”.
Un testimone infatti, nell’immediatezza della morte dichiara e fa mettere a verbale, di aver visto Giulia parlare animatamente fuori la macchina con un uomo seduto nell’abitacolo di una Panda rossa proprio su quel cavalcavia. Chi era dunque quest’uomo in auto? La ricerca dura sei mesi, si setacciano tabulati telefonici e liste della motorizzazione, ma senza successo. Intanto però la scientifica sta lavorando sui resti di Giulia e riesce ad isolare una traccia biologica evidente, rimasta negli indumenti intimi della ragazza. Qualcuno ha avuto con lei un rapporto sessuale prima della morte. Ed ecco che come per incanto, appena si sparge la voce di questa traccia, “l’uomo della Panda rossa” si presenta in Procura e palesa il suo volto, raccontando una storia che obiettivamente fa acqua da tutte le parti, meno che su un punto: quello provato dalle analisi. «Sono passato lì sul cavalcavia per caso, ho incontrato questa ragazza a piedi da sola. Non la conoscevo in precedenza. Ci siamo messi a parlare e poi l’ho invitata a casa mia, siamo stati qualche ora insieme, abbiamo avuto un rapporto sessuale e poi verso le 05:00 l’ho riaccompagnata nello stesso punto dove l’avevo appena conosciuta» ovvero su quel maledetto cavalcavia da cui Giulia pochi minuti dopo è precipitata.
Ad ognuno di questi due personaggi chiave è legato poi un messaggio. Fanno due messaggi che riceve Giulia e che sono straordinariamente tempestivi per non destare sospetti negli inquirenti. Il primo lo manda l’accompagnatore con lo scooter, il 41enne del bowling, che poco dopo quel “passaggio” manda su Facebook a Giulia, che nota bene ha ben 22 anni in meno di lui, un messaggio privato sul Messenger (ma non aveva detto che non la conosceva prima?) e senza averle mai chiesto l’amicizia: “è stato un piacere darti un passaggio, buona notte fiorellino”. Un messaggio che, a chi indaga, appare mirato e non certo un contatto per galanteria. E poi, alle 13:00, mentre i genitori di Giulia si straziavano dal dolore dopo aver saputo che quei poveri resti erano della loro figlia, ecco un SMS dall’uomo della Panda rossa, che viene inviato al telefono di Giulia (ma non aveva detto di averla appena conosciuta anche lui?) Un SMS dall’apparenza innocente ma che appare anch’esso troppo tempestivo: “Ciao, io sto andando a lavoro. Ti invio il mio numero telefonico, sentiamoci”. Due messaggi che destano dunque sospetti e considerati dalla Procura come possibili azioni di depistaggio. I due uomini sulla cui identità si mantiene il riserbo, allo stato attuale sono stati formalmente indagati soltanto per il reato di istigazione al suicidio: «è un atto dovuto dal fatto che c’è evidenza di un loro coinvolgimento con la vittima prima della sua caduta dal cavalcavia» spiegano in Procura ma che invece, si lascia trapelare da quegli stessi uffici, può essere l’inizio di un’indagine più complessa, che proverà a stabilire se questi incontri siano stati casuali, come i due indagati affermano o se questa “staffetta” dal bowling al ponte alla casa dell’uomo con la Panda con andata e ritorno, non nasconda qualcosa di più, qualcosa che ha comportato la morte violenta di Giulia.
«Mia figlia non avrebbe mai accettato passaggi da uno sconosciuto». Meri Koci, la mamma di Giulia dai microfoni di “Chi l’ha visto?” è categorica. Lotta come una furia insieme al papà della ragazza per scoprire la verità e tutti e due puntano il dito sull’uomo della Panda rossa: «nostra figlia quella sera non aveva il cellulare con sé e non ricordava a memoria il numero di telefono. Come faceva l’indagato ad avere il numero, forse i due già si conoscevano?»
La redazione della trasmissione di Rai 3 ha scoperto anche altro però: in questa vicenda dai contorni sempre più inquietanti si sta affacciando parallelamente anche un’inchiesta per diffusione di materiale pedo-pornografico. La bravissima Veronica Briganti, che segue per “Chi l’ha visto?” il caso dall’inizio e che ha avuto il merito di tener vivo l’interesse sul caso che rischiava l’archiviazione per suicidio, ha reso noto nel suo servizio sul caso la presenza di uno strano giro di foto che Giulia, insieme ad alcune amiche, scambiava con un certo Giuseppe, un ragazzo più grande di lei che seppur fidanzato con una delle amiche, deteneva moltissime immagini ed anche video porno dove erano ritratte le amiche. Tra esse, anche foto di Giulia, che all’epoca di quegli scatti osé era minorenne. Che giro facevano queste foto e perché Giuseppe (che quando muore Giulia è all’estero) deteneva questo materiale? Nello smartphone dimenticato (o volutamente lasciato) in casa da Giulia, ci sono tantissime foto definite molto interessanti da chi indaga. 5000 immagini per l’esattezza, insieme a centinaia di conversazioni su cui si sta indagando con attenzione. C’entrano qualcosa con la morte di Giulia? Il Sostituto Procuratore Irene Scordamaglia, titolare dell’inchiesta, sta seguendo anche questa pista ma il centro di questo intricato gorgo che ha inghiottito la vita di Giulia Di Sabatino dilaniandole il corpo è sempre la, dentro quella Panda rossa.
Un mistero stretto dentro quell’abitacolo e in quelle poche ore che vanno dall’andata al ritorno su quel cavalcavia, che è diventato poi teatro della sua morte.